[Cap. 1] L'Ultimo Miracolo
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[Cap. 1] L'Ultimo Miracolo
L'Ultimo Miracolo
Quando atterrò sulla terra, su quell'umida sudicia terra profanata dal male, il sole era stato nascosto dalle maestose nubi nere che ricoprirono in breve tempo completamente il cielo. Il paesaggio straziante che circondava la figura umana accasciata a terra fu reso ancor più terrificante dai lampi e tuoni che, implacabili, sembravano non avere fine. Nessun albero appariva all'orizzonte, tranne qualche acero consumato e uno o due abeti carbonizzati quasi completamente dai fulmini. Per il resto era rimasta solo fradicia e nuda terra.
Lì, in mezzo a quel paesaggio tetro e tutt'altro che vivibile era caduto dal cielo un'uomo.
L'essere era steso a terra, senza forze, dopo aver percorso un lunghissimo ma velocissimo viaggio da un altro luogo, sconosciuto a qualsiasi creatura terrestre.
Gli occhi gli bruciavano a tal punto che avrebbe preferito cavarsi le orbite piuttosto che sopportare tale acuto dolore tutta la vita. Si alzò piano spingendo con le braccia e le ginocchia. Aprì lentamente gli occhi e scrutò... Nonostante la vista appannata e sporca di fango, il paesaggio desolato e bruciato che si stagnava innanzi.
Era stremato. Aveva consumato tutte le sue energie nel "passaggio". Quel mondo era diverso dal suo, pensò, sembrava un inferno di dolore e morte. Mosse il piede destro in avanti ma la gamba cedette e crollò di nuovo al suolo. In quello stesso istante un lampoalluccinante squarciò il cielo a metà, illuminando il paesaggio desertico mentre un fiume di pioggia torrenziale cominciò ad imperversare.
Il sudicio essere si mosse ancora, strisciando nella melma e nel fango in cerca di riparo.
I lunghi capelli marroni erano incollati alla tempia dell'uomo da un impasto di terra rossa e pioggia. Il viso giovane e bello era mascherato da una coltre di ghiaia e vermi. Poi, provò a rialzarsi ma il suo corpo non ne ebbe la forza e stavolta cadde di faccia nella pozzanghera che si era formata vicino. Stese le braccia lungo il terreno e si assopì, mentre lo scorrere della pioggia intorno a lui si faceva più forte...
Sognò la sua casa, il suo mondo... Ricordò in brevi istanti tutto della sua vita: i ricordi, le genti, la storia. Semplicemente bellissimo. Ma nulla di tutto ciò fu così importante come il ricordo della sua missione. Se avesse completato i suoi obbiettivi sarebbe ritornato a casa.
Si risvegliò con un sussulto, rimembrando... Si girò su se stesso tirando fuori la testa dall'acqua putrida e respirò a pieni polmoni. Pose gli occhi azzurri opalini in direzione della pioggia che ora cadeva come un'unico pezzo d'acqua gigantesca. Alzò il braccio destro, chiuse entrambi gli occhi appannati e, con un filo di voce, mormorò: "Aghienter".
In un istante dalla sua mano scaturì come fiamma bianca, un raggio di luce con fragore prorompente, superando addirittura il rumore della tempesta che imperversava e in breve tempo attraversò le nubi nere creando uno squarcio grande quanto un'uomo. Accasciò lievemente il braccio a terra. Aembrava ormai senza più vita. Respirava a fatica mentre la vista lo abbandonava alle tenebre di cui doveva ormai far parte. Girò la testa verso destra ed esalò l'ultimo respiro abbandonandosi agli elementi furiosi della natura. Era ormai tutto perduto; l'ultimo seme di speranza caduto nel mondo aveva trovato nuovamente terra nemica ad ostacolarlo.
Quando quel raggio di sole, quel semplice bagliore, sfiorò con semplicità e umiltà i suoi occhi, essi si aprirono con nuovo vigore. Da quello squarcio, il sole era giunto in suo soccorso, emanando per lui il calore che gli serviva per riacquistare le sue forze. Con lentezza, come un elefante che si appresta a schiacciare una noce, il sole invase completamente il suo corpo. I muscoli si gonfiarono. Il petto si espanse sotto lo sguardo dell'uomo che giaceva ancora steso a terra. La sua vista ora era notevolmente migliorata. Era scomparso il fango e l'acqua e poteva ora notare accanto a se una sorta di bastone dritto. Si alzò a sedere. Attorno a se la pioggia cadeva ancora fortissima, quasi come se la terra fosse arrabbiata con lui, come se tenasse di ucciderlo con tutte le sue forze. Unì le gambe, ora molto muscolose, e si alzò. Notò che solo dove era lui il sole splendeva con tutto il suo potere rinvigorente. Tirò indietro i capelli lunghi, si sistemò un poco e si guardò. Era completamente nudo ma ciò non gli creava alcuna vergogna, anzi, non vi pose alcuna attenzione. Era già stanco di tutto quel paesaggio.
Aprì di nuovo gli occhi e notò che la sua vista ora era perfetta, aprì leggermente le braccai tenendo le mani in direzioni dei fianchi e aumentò leggermente i suoi muscoli. Il suo sguardo dolce e compiacente si fece concentrato e rabbioso. Aumentò la sua aura come di istinto. La terra intorno a lui cominciò ad allontanarsi da lui come se un vento fortissimo la spazzasse lontano, una forza invisibile ma potentissima che si scatenava da quell'individuo. "Luja" disse con un sussurro.
Ci fu un eruzione di potenza da quel corpo investito dalla luce e dal calore del sole. Le nubi furono letteralmente spazzate via con un singolo colpo netto. Dall'uomo si alzò un polverone agitato solo dalla sua aura. La forza del suo campo scacciò in modo quasi surreale la furia della tempesta che si abbatteva da mesi su quel territorio inesplorato da chissà quanto.
Al termine della furia, l'uomo riaprì gli occhi, si avvicinò al punto dove prima era rimasto in fin di vita e prese il bastone. Lo soppesò. Lo contemplò. Sembrava che fosse familiare, come se lo conoscesse da tutta un'eternità.
Il viaggio era lungo pensò. "Tu sarai il mio migliore amico". Lo prese con se e si avviò verso un puntino nero lontano che vedeva benissimo e che sembrava distante circa 400 km. "Una città" disse. E così iniziò il suo viaggio lungo quel lunghissimo percorso che ora era completamente illumunato dal sole.
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